Quelle BESTIE dei ZEBRA TSO
![image00006](https://www.nemosounds.it/wp-content/uploads/2024/11/image00006-1024x683.jpeg)
Schietti, diretti e senza filtri, totalmente fedeli alla loro musica fatta di barre taglienti e chitarre sporche in pieno stile rap-rock: così si presentano gli ZEBRA TSO, la cui identità è per due terzi celata dietro maschere animalesche e poco si può cogliere sul loro conto a parte la provenienza toscana. Abbiamo fatto loro qualche domanda per provare a conoscere meglio cosa si nasconda dietro le righe bianche e nere, dopo l’uscita del nuovo singolo STO DIVENTANDO UNA BESTIA.
Partiamo dalle domande più gettonate: perché proprio la zebra, e perché TSO subito dopo nel nome? Come nasce il nome e il progetto musicale in sé?
Il nome ZEBRA TSO porta con sé un simbolismo che lega la natura ambigua e complessa della vita ad una missione di sopravvivenza. La zebra è un animale che ha la caratteristica di risaltare nel contesto in cui è inserita distinguendosi per il suo manto striato di bianco e nero. Concettualmente, questi due (non)colori rappresentano due estremi e questo forte contrasto è un dettaglio alla base del nostro progetto: ci affascinava la dicotomia tra il bene e il male, giusto e sbagliato, le ambiguità, le incertezze e le sfaccettature che rendono ogni situazione unica e complessa; anche se le esperienze umane raramente si manifestano in maniera netta e definita. E’ stata scelta per questo: per rappresentare gli estremi dentro di noi coi quali siamo in eterna lotta e, per assurdo, ci definiscono.
Per quanto concerne la seconda metà del nome, crediamo che tutti sappiano cosa significhi il termine TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), ovvero essere sottoposti a cure mediche contro la propria volontà. Il trattamento in questione, qui, sarebbe appunto “quello della zebra” e tutto ciò che rappresenta per noi, come spiegato prima – trasformando il nostro TSO in qualcosa di quasi salvifico, una terapia d’urto che risveglia. Il termine diventa quindi un richiamo ad abbandonarsi al contrasto e in qualche modo a sfidare l’ordine e la razionalità. La figura del “pazzo” (per usare un termine anacronistico) simboleggia la scelta di preservare l’autenticità a discapito di ciò che possa apparire da fuori, magari essere giudicati folli o fraintesi. La costrizione richiama un senso di fatica, che sta nella difficoltà di essere compresi, e di estraneità, che dovrebbe stimolare una voglia di ricerca in un mondo che sembra confuso e difficile da decifrare, per andare contro all’accettazione passiva della realtà.
ZEBRA TSO racchiude, quindi, un concetto di lotta contro le “sfumature di grigio”, concetto a cui diamo qui un’accezione negativa riferendoci a quelle situazioni che non sono nette e trasparenti, ma sempre ambigue e incerte. Il “nero su bianco” diventa bisogno di sincerità, coraggio di mettere a nudo le difficoltà e affrontare la vita senza temerne le complessità. Per noi è un invito a guardare oltre le etichette e a riconoscere la bellezza nei contrasti e nelle contraddizioni.
In una vostra bio leggo: “si può dare un volto a qualcuno solo quando si scava a fondo”. Al di là delle maschere usate dal vivo, che volto avrebbe la musica degli Zebra TSO, se dovessimo immaginarlo?
Il volto della nostra musica è semplicemente il nostro; quello reale, quello che nel quotidiano proteggiamo, magari, nascondendolo con maschere (sociali, non da zebra). Non ha timore di mostrarsi in tutta la sua fragilità e riflette pensieri molto intimi, molto tormentati, in lotta per emergere perché faticano ad assumere una forma composta. È come un grido interiore che si scontra con il silenzio della propria mente, un’onda di emozioni non sempre facili da tradurre in parole. È banale, ma la musica riesce a veicolarle in un’esperienza catartica grazie alla quale il dolore che può emergere viene anche, in qualche modo, cullato. Le note diventano un linguaggio che, per quanto doloroso, ha anche l’effetto di un balsamo: liberare quei pensieri permette e promette all’anima di respirare, di ritrovare una forma di pace interiore – seppur momentanea.
![](https://www.nemosounds.it/wp-content/uploads/2024/11/image00013-1024x576.jpeg)
Nella storia della musica indipendente italiana, in diversi e significativi anni, l’anonimato ha creato una memoria collettiva generata dall’Hype. Ciò nasceva grazie all’esigenza degli artisti di far arrivare il contenuto musicale prima dei propri volti. Penso ai TARM, ai Sick Tamburo, fino a Tha Supreme e Liberato. La vostra intenzione, in merito, in che posizione etica e storica si posiziona?
Nascondere il proprio volto dietro una maschera di zebra racchiude per noi due concetti fondamentali: il primo è sicuramente quello di avere un “elmo” per combattere la guerra al compromesso che diventa sacrificio e alle verità nascoste per convenienza. La maschera qui diventa un simbolo di protezione e contrasto a tutto questo, simboleggiando un nostro impegno quotidiano nel ricercare in ogni cosa l’onestà: il manto della zebra la rende un animale davvero difficile da nascondere, così cerchiamo noi di non nascondere nulla. Il secondo concetto è legato, prevedibilmente, all’impersonalità: in un mondo in cui il successo e l’identità personale sono sempre più legati ad un sé costruito e di facciata, la maschera di zebra serve come strumento per spostare l’attenzione dal “chi” al “cosa”. Ci piacerebbe lasciare la musica ed i messaggi in primo piano, noi siamo un mezzo.
In quanto ai riferimenti musicali invece, sento molto artisti come Caparezza e Salmo, anche un po’ di Royal Blood e Muse, per dare qualche nome internazionale. Siete un trio, non sappiamo l’identità di due terzi del gruppo ma siamo curiosi di sapere gli ascolti musicali di ognuno e di quanto questi incidano sulla creazione della vostra musica.
La nostra musica è un incontro di mondi sonori divergenti, essendo noi molto diversi. La prendiamo come un viaggio che attinge da esperienze ed influenze disparate per crearne una singola, dinamica. Tra le nostre principali ispirazioni ci sono chiaramente band e artisti che spaziano tra il rock, l’hip-hop e il folk. Dai primi Iron Maiden alla narrazione profonda e melodica di Zac Brown, fino al rap di Nitro e il mondo più contemporaneo di Joji. Sono giuste le suggestioni riguardo Royal Blood e Muse, Caparezza e Salmo (i quali apprezziamo particolarmente a livello lirico, per l’impegno sociale e la vena satirica). Come crediamo sia normale che accada, ogni artista e band che ci ha influenzato ha contribuito a strutturare il nostro stile. Il nostro obiettivo è quello di raccontare storie senza applicare filtri, legandole ad un sound incisivo e d’impatto.
Uscito da poco il nuovo singolo STO DIVENTANDO UNA BESTIA: lo definite un inno alla forza interiore. Non siamo di fronte a una semplice canzone, ma qualcosa di più: che tipo di storia racconta?
STO DIVENTANDO UNA BESTIA racconta una storia di rivalsa e rinascita attraverso la riscoperta del proprio lato primordiale. Il percorso di un personaggio che si sente sopraffatto dalle difficoltà della vita, ma trova nella propria “bestialità” più autentica e istintiva, la forza per reagire e andare avanti. Il titolo stesso, con la frase “sto diventando una bestia”, evoca l’immagine di una trasformazione. Una discesa verso una parte di sé che conduce ad una rinascita di forza e determinazione. La parola chiave è “sopravvivere”: la bestia rappresenta il ritorno a un’origine più pura, che si libera dalle aspettative sociali. Non è una regressione, ma un ritorno alle radici.
![](https://www.nemosounds.it/wp-content/uploads/2024/11/image00034-1024x683.jpeg)
Giusto qualche mese fa è uscito anche il vostro EP d’esordio, “GENESI”. Raccontateci qualche curiosità sul processo creativo che c’è dietro tutto questo: ad esempio c’è una canzone dal titolo “NON L’HO INVENTATO IO IL TUCA TUCA” e, oltre a essere super orecchiabile e catchy, è effettivamente un titolo irriverente e coerente col vostro modo di proporre il progetto Zebra TSO.
L’ EP è la testimonianza dell’unione tra i nostri differenti mondi musicali, come spiegavo prima. Non è stato solo una sperimentazione, ma un atto consapevole di integrare vari mondi sonori per creare il nostro spazio. Il titolo “GENESI” vuole rappresentare un punto di partenza, un primo incontro musicale dal quale inizierà il nostro viaggio – è un’anticipazione. Le canzoni sono nate nei modi più disparati: alcune erano nel cassetto da anni, altre raccontano con colori diversi un preciso momento nel tempo, altre ancora nascono visceralmente durante una jam e uno scambio di idee, come è stato per STO DIVENTANDO UNA BESTIA. Ci sono anche casi in cui, come in NON L’HO INVENTATO IO IL TUCA TUCA, in cui le frasi partono da un suono, una metrica apparentemente senza significato, e noi stessi ne veniamo colti in un secondo momento. Stessa cosa vale con i testi: prevalentemente autobiografici ma non sempre appartenenti alla stessa facciata di noi stessi. Per essere più chiari: talvolta a parlare è la versione autentica e più emotiva, altre volte quella più superficiale e materiale che si usa di facciata, altre volte ancora quella più frustrata che comunica la sua rabbia e voglia di autodeterminazione. Il filo che le collega è sicuramente che ognuna si esprime senza vergogna.
Il rap è una componente importante della vostra musica, seppur arrangiata in chiave rock. Siete un ibrido tra un genere che va fortissimo nel mainstream oggi e un altro che invece, a confronto, fatica un po’ di più. Come si pone quindi il progetto ZEBRA TSO nello scenario della musica italiana e quali sono le vostre considerazioni in merito?
Preoccuparci di come porsi nell’industria musicale italiana andrebbe completamente in contrasto con il messaggio che cerchiamo di portare avanti: qui si fa musica per fare musica, per necessità di raccontare, crediamo sia questo ciò di cui nel panorama musicale attuale italiano ci sia davvero bisogno. C’è una carestia di contenuti e quindi una forte sete di non preoccuparsi dei numeri per tornare a porre la libera espressione al centro del mestiere dell’artista.
Che il Rap e il Rock siano mondi complementari, totalmente capaci di coesistere nella stessa canzone, lo abbiamo capito dagli anni ’90 – non siamo di certo i primi nella storia a farlo. Siamo consapevoli di quanto questo, da un punto di vista industriale nostrano, possa rappresentare forse un ostacolo… ma le cose si muovono, i generi tornano, e non ci piace sottovalutare le persone credendo che l’unico genere che possano apprezzare sia uno studiato a tavolino per essere molto superficiale e trasversale. Con questo non vogliamo dire che un genere sia migliore o più nobile di un altro, il punto è riuscire a dare spazio ai musicisti di essere musicisti e quindi esprimere sinceramente la loro personalità, e a chi ascolta dare modo di fruire con la stessa facilità della musica in cui più si ritrova.
Infine, sappiamo che il rilascio della musica è solo l’inizio: quali sono i prossimi piani targati Zebra TSO? Potete darci anticipazioni?
La nostra idea centrale è quella di concentrarsi sul presente, piuttosto che costruire una tabella di marcia. Questa scelta nasce dalla volontà di vivere la musica e l’arte in modo autentico e senza pressioni, senza l’assillo di seguire un percorso lineare o di conformarsi alle aspettative di una scena musicale già definita. Ogni canzone, ogni idea e ogni fase del progetto nasce dal momento, rispecchiando il flusso naturale delle emozioni e delle esperienze quotidiane. In un mondo musicale dove spesso tutto è calcolato e previsto con largo anticipo, il nostro approccio si concentra sulla creatività immediata e sulla capacità di rispondere al presente.