Il Pop internazionale di NICALI
NICALI, cantautore romano, ci ha raccontato il suo viaggio musicale iniziato dalle esibizioni presso i locali della capitale tra il 2013 e il 2016. Si è trasferito a Londra nel 2017, dove ha conseguito un Master in Commercial Songwriting & Production presso la prestigiosa Tileyard. A Marzo 2020 ha vinto la selezione, tra migliaia di cantanti internazionali, per celebrare il leggendario Prince attraverso uno show che si terrà per venticinque date presso il “Symposium Hall” di Edimburgo, in occasione del rinomato Fringe Festival.
A Novembre 2022 Nicali ha pubblicato “Fottesega”, un brano pop dance con sonorità elettroniche dal sapore internazionale, scritto dallo stesso Nicali con Francesca Di Biasi e AltarBoy. Attualmente, NICALI è impegnato nella scrittura e produzione di nuovi brani in italiano. Canzoni pop dalle sonorità elettroniche ed internazionali con diverse influenze underground. Elementi che “strizzano l’occhio” al mondo della dance, dell’indie e dell’R&B.
Qual è un messaggio che speri di trasmettere con la tua musica?
«Spero che attraverso le mie canzoni le persone possano innanzitutto divertirsi e poi, magari, entrare in profonda connessione con se stesse. Penso che la musica sia un grande amplificatore di emozioni e alcuni testi sono davvero in grado di trovare le parole giuste alle sensazioni che spesso non riusciamo a decodificare. Mi auguro che la mia musica possa spingere gli ascoltatori a liberarsi delle proprie sovrastrutture.
In questo modo, si può percorrere la strada verso la libera espressione di sé e l’accettazione della propria natura. Il mio primo ep, Discomuseo, è un invito ad amare e rispettare se stessi. Mi piace considerarlo come una sorta di spazio virtuale in cui possiamo sentirci apprezzati e rispettati, riconosciuti e ammirati. Proprio come un’opera d’arte in un museo neoclassico».
Se potessi parlare con una versione più giovane di te stesso, quale consiglio gli daresti?
«Non avere paura. In passato, ho spesso anteposto le vertigini dei grandi salti al coraggio di saltare. Sono, così, rimasto fermo immobile per il timore di scaraventarmi a terra. Penso che sia normale però, perché quando si è adolescenti ci si concentra di più su fattori esteriori e illusori. Spesso si cerca di compiacere gli altri anziché scavare dentro se stessi per lasciare emergere la propria essenza. Crescendo, ho imparato a conoscermi. Questa consapevolezza mi ha portato a fare scelte molto più coraggiose. A fregarmene di quello che pensano gli altri per percorrere la mia strada. Non rinnego questo percorso, comunque. Ogni labirinto conduce a un’uscita, e perdersi è importante per riuscire a capire se stessi e fortificarsi».
Se potessi cambiare una cosa nell’industria musicale per renderla più inclusiva a tutti gli artisti, cosa sarebbe?
«Innanzitutto, mi piacerebbe che l’industria musicale fosse meno ossessionata dai numeri e dai risultati immediati. Spesso noi artisti spendiamo fin troppe energie nel tentativo di aumentare la nostra visibilità e ottenere più ascolti, più seguaci, più mi piace. Penso che la cosa più giusta da fare sia concentrarsi invece sulla musica e lasciare che tutto il resto fluisca da sé.
Il music business di oggi, però, è impostato in modo tale da spingerci nella direzione opposta. Diventa più automatico sperare di vedere un numero maggiore sulle varie piattaforme piuttosto che concentrarsi a scrivere una canzone migliore della precedente. In merito al discorso sull’inclusione, sarebbe bello che le case discografiche si concentrassero di meno sulla forma e più sul contenuto, meno sull’immagine e più sulla musica. È un discorso molto generico e fortunatamente ci sono molte realtà che premiano il talento sopra ogni cosa, ma non è sempre così».
C’è una traccia specifica del tuo repertorio che consideri il tuo inno personale e perché?
«Ogni traccia è una sfumatura della mia persona e non ce n’è una in particolare che preferisco rispetto alle altre. Posso dire, però, che le persone che mi seguono si scatenano particolarmente quando, durante i miei live, parte Fottesega. Questa è la canzone da cui è iniziato il mio percorso discografico in Italia dopo anni di esperienza a Londra. Un invito ad amare chi si vuole a prescindere dalla condizione economica, dal sesso e da ciò che la società vorrebbe».
Dato che negli anni ti abbiamo visto crescere e cambiare: diversi nomi d’arte, così come gli stili musicali. Quali sono i tuoi obiettivi a lungo termine come artista? Come vedi evolvere il tuo ruolo nella musica?
«Bella domanda! Al momento non saprei rispondere, perché il futuro svela da sé e le mie evoluzioni musicali. Sono sicuro che saranno il riflesso delle mie evoluzioni come persona. I miei obiettivi principali, comunque, sono quello di riuscire ad arrivare a più persone possibili, riuscire a performare dal vivo in più città italiane e internazionali. Con la volontà di rincorrere la strada verso la mia autenticità artistica e personale. Mi piacerebbe lasciare più tracce di me nel mondo attraverso la mia musica e la mia voce. Sento che è questa la ragione principale del mio viaggio in questa vita».
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