Il semilavorato incandescente nella musica di SLEBO
Si avvicina il primo EP di Slebo, progetto musicale ricco di idee che si affaccia sulla scena nazionale dal profondo dell’Italia post-industriale, Terni. La band racconta con lo sguardo della periferia dell’occidente la condizione giovanile e umana dei nostri tempi. Soffio in Vena è il “singolo coda” prima del grande lancio, e facciamo qualche domanda al gruppo.
1)SLEBO, un nome che evoca immediatamente razionalismo, probabilmente artisti elettronici come Bonobo o Shlohmo, e racconta di alienazione e condizione post-industriale: come nasce il nome, e come è nata l’idea di questo progetto?
Lo slebo sarebbe il semilavorato incandescente che esce dalla fornace prima di essere lavorato. Ci piace perché è un nome che ci lega sia al nostro territorio (Terni) sia al nostro sound “martellante”. Il progetto nasce da un’idea del nostro Daniele insieme a suo fratello Raniero e il nostro fonico Samuele. Tutti abbiamo una passione per l’elettronica, soprattutto quella suonata, e per le ambientazioni Industrial.
2)Guardando alle biografie dei componenti, in genere elettronico in senso lato sembra destinato ad avere un ruolo preponderante, anche se vi definite come un qualcosa che si inserisce in chiave moderna sulla scia del post-punk e della new wave, che ha una storia gloriosa anche in Italia. C’è ancora spazio in questo Paese per questa roba, o semplicemente non potevate che esistere in questa forma, ed è stato il naturale sbocco del vostro processo creativo?
Sinceramente non conoscevamo molti progetti con queste caratteristiche, quindi abbiamo pensato: “ok, proviamo a farlo noi!” In realtà abbiamo ricercato questo sound proprio perché ci piace e pensavamo non ci fosse molta proposta in Italia. A nostro parere stiamo vivendo un momento molto “libero” a livello musicale e artistico in generale. Pensiamo (e speriamo) che la gente se ne sbatta del genere e pensi solo se gli piaccia o meno quello che ascolta.
3)Nel vostro nuovo singolo, Soffio in Vena, emerge una particolare attenzione alle rivisitazioni, alle mescolanze, quasi evocando il tema del riutilizzo e del riciclo, compreso l’uso di peculiari patterns e con un’attenzione davvero speciale al concept anche in senso grafico. Volete raccontarci qualcosa di più in questo senso?
La ripetizione è uno dei nostri marchi di fabbrica, col riutilizzo e il riciclo forse vi siete spinti un po’ troppo in là nella suggestione, ad ogni modo c’è stata molta cura nel lavoro a trecentosessanta gradi, senza dubbio. E ovviamente siamo davvero curiosi di ascoltare i pareri che arriveranno.
4) Il ruolo della produzione, il lavoro in digitale e l’esplosione degli ultimi anni delle autoproduzioni sembrano aver incanalato il destino della musica verso un inesorabile approdo elettronico in senso ampio, trasversalmente ai generi storicamente riconosciuti e categorizzati. Ritenete questo un percorso tecnico naturale, e di per sé neutrale, inesorabile? Nella vostra scelta di inserirvi in questo tipo di scenario siete a vostro agio, e ritenete utile questo approccio per descrivere l’alienazione e il decadimento che caratterizza la vostra musica?
Che sia naturale, e quindi inesorabile, è un dato di fatto. Non crediamo che l’abbia controllato o indirizzato nessuno. Poi se piace o no.. È tutto un altro discorso. A noi, per esempio, piace molto!! Finendo di risponderti: credo che questo “nuovo” approccio (ammesso che sia nuovo davvero?) non influisca per nulla sulla nostra espressione. Noi siamo a nostro agio perché, come dicevamo prima, facciamo quello che ci piace e ci diverte. Se così non fosse, faremmo altro, a prescindere delle tendenze.
5) Siete partiti da Terni, storica città industriale dell’Umbria e simbolo di una pianificazione industriale sparita. Dopo l’uscita del vostro primo EP, quanto siete ambiziosi? Che obiettivi vi siete dati da qui a qualche anno, o fa forse parte della vostra filosofia invece non fare grandi piani e vivere l’arte giorno per giorno?
Siamo ambiziosissimi e potessimo scegliere vorremmo essere ascoltati e suonare anche in Antartide. In realtà l’ambiente musicale è poco prevedibile e pieno di progetti che spaccano. Quasi ogni giorno esce musica che ci fa dire “cazzo… magari l’avessi scritto io sto pezzo”. Quindi, visto che ora escono i nostri… lavoriamo per far dire la stessa frase anche agli altri. Ma anche un vaffanculo ci va bene lo stesso…
Queste parole sembrano confermare davvero l’approccio asciutto, pragmatico e razionale di Slebo: un progetto disilluso, coraggioso e a tratti caustico, e potenzialmente incandescente- come racconta l’affascinante origine del loro nome. Non ci resta che seguire il cammino che, musicalmente parlando, rischia di incendiare tutto al proprio passaggio.