Il divieto dell’esercizio dell’arte di strada

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Manca solo il passaggio in giunta municipale e poi l’ordinanza che vieta le esibizioni di artisti in alcune zone della città di Roma entrerà in vigore. 

La triste notizia è di circa una settimana fa: il testo del divieto dell’esercizio dell’arte di strada è pronto. 

Il I Municipio prepara la stretta in ragione dei tanti esposti e segnalazioni presentati nel corso dei mesi da residenti e commercianti che hanno dichiarato che Via del Corso a Roma non è come gli Champs-Élysées di Parigi. E grazie, aggiungerei. 

Perché Parigi, i suoi artisti di strada addirittura li paga per esibirsi e per diffondere cultura nelle strade e nelle piazze.

In tutta la sua eleganza, la presidente del Municipio I, senza fare nomi e cognomi: Lorenza Bonaccorsi, sostiene che far convivere le attività culturali e artistiche con i residenti, i commercianti e i turisti ha bisogno di regole. 

Se a questo punto vi state chiedendo se l’Italia abbia problemi con la cultura, la risposta è no. Ha problemi solo con un certo tipo di cultura. E non è neanche l’unica: da Barcellona a Praga in Europa le parole d’ordine sono limitare, ridurre, se possibile impedire.

Ad Oslo ci si basa su intelligenza, discrezione e buona educazione degli artisti stessi, così come in Norvegia e la già citata Parigi. 

In molte città europee sembra di giocare ad acchiappa la talpa tra le forze dell’ordine che bloccano una performance in un luogo e a pochi passi da lì un altro artista si esibisce. Insomma, attappa una buca che la talpa esce dall’altra. 

Assurdo se si pensi che invece la città di Londra, già nel 2018, aveva sviluppato un sistema veloce e moderno che si poneva come alternativa alle monetine raccolte nelle custodie degli strumenti. La tecnologia contactless è già a disposizione da anni, di molti artisti di strada londinesi.

Oggi lo sguardo verso le arti di strada ha fallito; lo sguardo che non vede più il nostro avvenire, che ha edificato un presente fatto di astrazione, di assurdità e di silenzio.

Pensiamo se proibissero il jazz negro, pensiamo a cosa sarebbe successo se l’evoluzione estetica della musica tedesca fosse proseguita nella direzione degli anni del dopoguerra, pensate ai popoli delle grandi città europee perdere pian piano contatto con l’arte.

Il fosso fra il popolo e la cultura sta diventato sempre di più un abisso incolmabile e lo Stato lavora in direzione ostinata e contraria alla storia radicalizzata della musica.

Non stiamo parlando di storia della musica ma di musica nella storia.

In molti paesi d’Europa la situazione è la stessa, dal Portogallo alla Grecia, dalla Danimarca all’Austria, c’è di che preoccuparsi: non si è pronti culturalmente ad accogliere le carovane di teatranti, musicisti, giocolieri e performer come invece avveniva fin dal XIV.

Sì, è vero, ci sono voluti dei secoli prima che la musica entrasse nello scambio mercantile. Durante tutto il Medioevo, il giullare rimase fuori dalla società; la Chiesa lo condannava e lo accusava di paganesimo e di pratiche magiche. Il suo tipo di vita itinerante ne faceva un personaggio poco raccomandabile, simile al vagabondo. Il giullare era colui che doveva far divertire attraverso la musica, lo spettacolo e il canto. 

A quell’epoca il giullare non aveva un impiego fisso; si spostava per offrire i propri servizi, diremmo oggi, a domicilio. Lui la musica se la creava, se la portava dietro e ne organizzava da solo l’intera circolazione nella società.

In tre secoli, dal quattordicesimo al sedicesimo, le corti escluderanno i giullari, voce del popolo, e ascolteranno solo musica scritta su partiture, suonata da musicisti stipendiati. Il potere s’insedia, si gerarchizza e si distanzia.

Abbiamo toccato il vero fulcro del discorso: il potere. Ma dietro al grande scudo del potere, troviamo la mercificazione, la spettacolarizzazione e il capitalismo musicale che sul finire degli anni novanta e dei primi anni del duemila ha iniziato a intaccare il pensiero dominante culturale della società. 

Oggi più che mai tutti questi argomenti sono portati allo stremo. La situazione è sempre peggiore e una via d’uscita a breve termine purtroppo non c’è perché non la rendono possibile. Sapete chi, sapete in che modo. 

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