Come suona la disparità? Il gender gap nella musica
La gavetta musicale è più dura se sei una donna. E su questo non si può discutere.
C’è a chi piace affermare che essere donne fa comodo quando si vuole sfondare nell’industria della musica (e non solo): basta mettersi in mostra, sessualizzarsi quel poco che serve, fare il giusto sorriso al giusto produttore.
Perdonate il francesismo: sono cazzate, e desso vediamo il perché prendendo in mano dei dati.
La (dis)parità di genere nella musica: i dati di Equaly e del SAE Institute
Esiste un bellissimo progetto nato nel 2021: si chiama Equaly e rappresenta una community di musiciste, cantautrici ed altre lavoratrici dell’industria musicale che si pone l’obiettivo di indagare e discutere gli stereotipi di genere in questo settore.
Equaly nasce anche per promuovere una ricerca esplorativa sulla violenza di genere nel mondo della musica, che è stata condotta mediante un questionario anonimo. Ecco alcuni punti interessanti emersi dall’indagine, rivolta a qualsiasi donna con esperienza lavorativa in questo settore:
- L’83% delle rispondenti ha dichiarato di essersi sentita discriminata almeno una volta nella sua carriera;
- Il 73,9% delle donne riteneva la discriminazione direttamente collegata al proprio genere;
- Il 77% del campione dichiara di aver subito gesti o comportamenti violenti sul lavoro;
- Il 35,3% di chi ha subito violenza riporta una violenza di tipo psicologico, il 9,8% di tipo economico e l’1,4% di tipo fisico.
- Il 21,6% delle rispondenti dichiara di aver subito più di una tipologia di violenza tra quelle citate.
La seconda ricerca che riportiamo è quella del SAE Institute di Milano, che riporta alcuni numeri relativi alla presenza delle donne nell’industria musicale. In particolare:
- Nel contesto internazionale, solo il 12,5% degli autori musicali è donna, le produttrici sono solo il 2,6%;
- Nelle classifiche italiane, il 91,85% dei brani sono scritti o interpretati da uomini, contro l’8,5% di brani femminili.
La ricerca in questione ha inoltre indagato la percezione delle donne nell’industria musicale mediante delle interviste condotte con artisti, artiste e lavoratori e lavoratrici dello spettacolo a vari livelli (includendo anche manager, giornalisti e giornaliste, esperti ed esperte di comunicazione, fonici e foniche).
Dalle interviste emergono molti temi interessanti rispetto alla percezione della figura femminile nel mondo della musica, così come all’esperienza che le donne fanno di questo settore.
L’industria musicale: tra violenza, stereotipici e soffitti di cristallo
Ma cosa vuol dire essere una donna nell’industria musicale oggi?
Per capirlo riportiamo di seguito alcune delle tematiche più rilevanti emerse dal report del SAE Institute, riprendendo le parole delle intervistate e degli intervistati.
Una figura femminile stereotipata
Sia gli uomini che le donne coinvolte nella ricerca sono concordi nel rilevare che nel mondo della musica si tende a percepire la figura femminile come stereotipata. La donna in musica è sempre una cantante, ha una bellissima voce, certo, ma ciò che conta è che sia di bella presenza e che sappia stare “al suo posto”.
«Nella musica la donna viene vista sempre come cantante e deve sempre faticare per dimostrare che brilli di luce propria perché il successo viene sempre giustificato dando credito agli arrangiatori, produttori …maschi insomma» (Manager in una casa discografica, Uomo)
«Se può fare da vetrina, la prendiamo la chitarrista donna o la bassista donna, così vengono a vederci. La producer no, perché non serve nemmeno da vetrina. è questo il ragionamento che fanno molti uomini» (Manager, donna)
Il soffitto di cristallo nella carriera musicale
La cristallizzazione della figura femminile che la vede esclusivamente come cantante è un tema direttamente collegato a un’altra questione rilevante: quello della carriera e dei ruoli professionali.
Il settore musicale accoglie (con difficoltà) le donne solo al microfono, ma in realtà sono tantissime le figure professionali che fanno parte di questo mondo fuori dal palco: dal giornalismo all’ufficio stampa, dal comparto tecnico al marketing. E le donne dove sono?
In questi ruoli lavorativi le donne fanno ancora più fatica ad affermarsi, complice una continua messa in discussione delle loro abilità. Una donna spesso non è ritenuta abbastanza competente per ricoprire ruoli di responsabilità nella comunicazione, nel marketing, nell’organizzazione di eventi, tutti settori dominati dalla professionalità maschile.
E tutto questo ha una conseguenza ben precisa: una mascolinizzazione obbligata.
Per emergere, ma anche solo per essere rispettare, le donne si sentono obbligate a mascolinizzarsi, a gettare via la propria femminilità che viene associata intrinsecamente a una percezione di debolezza e incompetenza. Ecco cosa hanno sottolineato alcune intervistate:
«Non sono mai stata vittima di comportamenti sessisti ma sono una persona che ha un approccio molto maschile quando lavoro. Non lascio mai trasparire altro, mi sono adattata alle regole del gioco. Se fai vedere il lato più sensibile, sono dei pescecani, sanno dove puntare per fare male.» – Responsabile Comunicazione, Donna
«Avevo una collega bravissima, che era anche bellissima. Per riuscire a farsi prendere sul serio ha dovuto lavorare duro, in silenzio a testa bassa, telare, andare e dopo un anno la gente ha iniziato a dire che era anche brava. Lei non ha mai dato spazio a nessun altro tipo di commento. Ha lavorato in modo dimesso, quasi svalutando la sua figura per essere apprezzata per quello che era ed essere sicura che non si dicesse che fosse arrivata in altro modo lì dove è arrivata (…) Dire a una donna che è bellissima è un demerito.» (Responsabile Comunicazione, Donna)
La violenza e le molestie nel mondo della musica
Il discorso sulla violenza fisica e psicologica non può essere evitato.
Quest’anno abbiamo assistito a una vicenda che ci ha mostrato molto bene quanto schiacciante e violenta può essere l’industria musicale. Ma purtroppo non si tratta di un caso isolato. Basta una banalissima ricerca su Google per leggere centinaia di storie del genere, che coinvolgono voci femminili note tanto quanto cantautrici emergenti. Restano in ombra, molto spesso, le storie delle altre lavoratrici del settore musicale.
Ricordiamo però il dato di Equaly: il 77% delle rispondenti all’indagine ha riferito di aver subìto comportamenti violenti sul posto di lavoro. Non può essere un caso. Ed è proprio questa sistemica e schiacciante violenza contro le donne che spesso le costringe a rinunciare ai propri sogni e alle proprie ambizioni professionali. Lottare contro un sistema escludente e violento è spesso percepito come davvero troppo difficile.
«Io ho vissuto anche cose brutte, molestie che mi hanno portato a fermarmi, a mettere da parte il mio talento e i miei sogni. Questo è qualcosa che non può essere taciuto» (Cantautrice, Imprenditrice, Donna)
Il tempo e la rinuncia alla famiglia
Infine, un altro grande tema quando si parla di professionalità femminile è quello familiare. E quando si parla di musica, la situazione non è diversa.
Ad oggi, infatti, le donne vengono ancora ritenute le principali e fondamentali responsabili della cura familiare. Alla figura femminile spetta il ruolo di madre, di crescita dei figli e di gestione della casa (ma non una gestione economica, attenzione). Quando tutto questo lavoro (non retribuito) occupa in maniera così importante la vita femminile, quanto tempo rimane per affermarsi professionalmente in un altro campo?
Anche nell’industria musicale sono tantissime le donne che rinunciano alla carriera per la famiglia. Ma questa rinuncia, ahimè, non è volontaria. Si tratta di un sacrificio che molte donne arrivano a reputare necessario, non ricevendo sostegno psicologico, professionale o economico che permetta loro di vivere serenamente entrambe queste sfere della propria vita.
Questo è vero sia per chi lavora sul palco…
«La musica, è vero, è una grande passione. Ma non è un hobby, è un mestiere che ha bisogno di tempo. Il tempo ha a che fare con la creatività, molto spesso le donne non hanno questo tempo perché lo devono dedicare alla famiglia, ai figli e questo accade ancora oggi. È più ancora difficile trovare donne che lavorano nel mondo della musica perché è un settore che ti assorbe totalmente.» (Divulgatrice, Producer, Speaker, Donna)
Che fuori da esso…
«Io lo vedo: la maggior parte delle donne che riveste il mio ruolo (AR) non ha famiglia. Quelle che ce l’hanno sono riuscite con molta fatica a conciliare il loro impegno professionale con quelli familiari. C’è ancora un grosso problema!» (A&R, Donna)
Donne e musica: quale futuro ci aspetta?
Le aspettative per le donne nel settore musicale non sono delle più rosee.
Abbiamo visto dai dati come questo ambiente rifletta una figura della donna stereotipata, cristallizzata e bloccata in un ruolo artistico che non la valorizza appieno. La speranza è che ricerche come quelle di Equaly e del SAE Institute servano da presa di consapevolezza per avanzare verso una percezione diversa della professionalità femminile nel settore musicale.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che la musica è un fenomeno culturale che rispecchia la società in cui è creata. Dunque, è ragionevole pensare che per ottenere un autentico cambiamento possa essere necessaria una trasformazione ben più ampia, che coinvolga la cultura che ogni giorno respiriamo e viviamo.
Una missione ambiziosa, ma starà a noi realizzarla.