Medusa: L’album dei Queen Of Saba è un viaggio tribale tra mondo Queer e salute mentale
“Medusa” è l’ultimo album dei Queen Of Saba, duo formato dalla Trevigiana Sara Santi, che vive ormai a Torino e dal Veneziano Lorenzo Battistel. Un duo che, nonostante la distanza geografica è riuscito sempre a mantenere una certa connessione, aspetto fondamentale che gli ha permesso di realizzare questo secondo disco, uscito a distanza di due anni dal primo, “Fatamorgana”.
“Medusa” è disponibile su tutte le piattaforme digitali e in vinile, formato che ho avuto il piacere di ricevere come regalo in seguito alla lunga chiacchierata che abbiamo avuto presso La Redazione di Scomodo, dove i Queen Of Saba si sono esibiti ad ottobre 2023 in occasione dell’ ultima tappa a Roma per il loro release party.
Ciao Sara e Lorenzo, innanzitutto, come state? So che siete appena arrivati a Roma da Venezia.
Sara – Si, oggi è il quarto giorno di fila che presentiamo il disco in giro dopo le intense tappe di Torino, Milano e Venezia. Credo che dobbiamo realizzare molte cose, però fino adesso la risposta è stata incredibile, abbiamo percepito un’energia mai sentita prima. Io quindi sto molto bene, devo solo dormire per tre giorni di fila.
La prima città dove avete fatto il release è stata, appunto, Torino, città dove vive attualmente Sara, mentre Lorenzo vive a Venezia. Dove vi incontrate per fare le prove?
Lorenzo – In questi giorni abbiamo realizzato che le ultime canzoni le abbiamo sistemate in macchina tornando dai concerti. Lo studio però sta a Venezia, quindi ci troviamo lì fondamentalmente per fare le prove e per registrare.
Tra i release party che avete fatto, qual è stato quello che vi ha lasciato il segno?
Sara – La cosa bella che accomuna questi tre release party che abbiamo fatto fino adesso è che li abbiamo organizzati tutti noi, contattando noi direttamente le persone e pensandoli in funzione della città che li ha ospitati, in modo che l’organizzazione della serata fosse simbolica rispetto al rapporto che noi abbiamo con quella determinata città. Sembrerà banale, ma ogni data è stata speciale a modo suo. Al Capodoglio di Torino è salito Willie Peyote sul palco, abbiamo avuto anche Ale Bavo con cui abbiamo prodotto due dei brani contenuti all’interno dell’album. A Milano il talk con Margherita Devalle è stato un momento di grande comunità, abbiamo avuto la possibilità di lanciare dei messaggi politici molto forti. Quello di ieri a Venezia è stato un delirio, glitterato dall’inizio alla fine, il prototipo di serata perfetta per me: Drag Show, concerto e dj set Trash. Meglio di così non poteva andare! Vediamo oggi qui da Scomodo come va, ma la serata promette bene.
“Medusa” è un album che esce a distanza di due anni da “Fatamorgana”. Io ho ascoltato entrambi e ho riscontrato che il vostro primo progetto è caratterizzato da un mood più allegro, mentre in “Medusa” si percepisce un sound più profondo e tribale. Come mai questo cambio?
Sara – Sono d’accordo sul fatto che questo album è caratterizzato da sonorità più cupe e profonde, anche se non abbiamo abbandonato del tutto il tono scanzonato del primo disco. Ma per la parte musicale, lascio la parola a Lorenzo perché la musica è opera sua.
Lorenzo – Non so esattamente come siamo arrivati a questo cambio. Sicuramente è un sound quasi più da club underground, infatti quando noi scriviamo, ci proiettiamo sempre a come risulterà quel brano durante i concerti, perché per noi l’aspetto live è molto importante. Forse questo disco è venuto fuori così proprio perché eravamo proiettati verso un tour nei club, che me li immagino più al buio rispetto ai festival.
Sara – C’è da dire che in questi due anni sono successe molte cose. Anche il fatto che io mi sia trasferita a Torino ha fatto si che arrivassero nuove contaminazioni. La cosa bella è che con Lorenzo riusciamo sempre a trovare un punto di incontro, nonostante le diverse direzioni.
In effetti si percepisce una forte connessione tra voi. Invece, a livello di influenze, quali sono gli artisti che vi hanno ispirato maggiormente per la produzione di questo album?
Sara – Diciamo che la risposta alla famosa domanda “cosa ascolti?” “ascolto di tutto”, per me è abbastanza vera. Mi vengo in mente, ad esempio, Tyler The Creator, Kali Uchis. All’interno dell’album ci sono diversi pezzetti di ispirazioni, la cassa-in-4 per esempio l’abbiamo presa dalla Techno che io mi sparo a casa mentre faccio le pulizie. Alcuni tratti un po’ più Soul vengono invece dalla musica anni ’60, di cui io sono appassionata da una vita. Altre pulsazioni ritmiche vengono dagli studi di Lorenzo che si è diplomato in percussioni e ha militato in una band Reggae-Ska per diversi anni. In “Piccola Inutile” invece si coglie una vibe latinoamericana. Per esempio in “Sentimi Sentimi Sentimi” , il ritmo è campionato da Oum che è una cantante marocchina.
Lorenzo – Tante canzoni nascono da una sperimentazione ritmica che poi si trasforma in melodica con ritmi già esistenti provenienti, ad esempio, dal Senegal. Possiamo dire che c’è tanta Africa nel nostro album.
È vero, si sente tantissimo. L’ho percepito dalla prima traccia. Tutta questa mescolanza di generi Tribali, a tratti Latinoamericani, mi ha ricordato tantissimo “Anima Latina” di Battisti. È molto distante ovviamente, ma mi avete ricordato quella sperimentazione Progressive tramite cui lui si era rivelato durante gli anni ’70 con quell’album. A livello di featuring presenti all’interno dell’album, come sono nate le collaborazioni con BigMama, Ganoona e Willie Peyote?
Il primo in ordine cronologico è stato Ganoona che abbiamo scoperto per una casualità durante un concerto a distanza organizzato da un nostro amico durante la pandemia, in cui ognuno di noi mandava una clip e lui ci ha colpiti subito per il timbro vocale e i testi. Ci siamo messi in contatto e dopo la pandemia abbiamo registrato “Pesca Noce” a Milano. Con BigMama è stata una serie di coincidenze, perché militando entrambe nella scena Queer, siamo finite ad aprire MYSS Keta insieme per due volte, c’è stata subito chimica tra noi. In effetti l’ambiente backstage è sempre un’occasione per far fiorire delle collaborazioni, soprattutto post-concerto, quando sei più rilassato e ti stai bevendo una cosa. Storia completamente diversa con Willie Peyote: “ACAB” è stata scritta lasciando una strofa vuota per un eventuale featuring, non sapevamo ancora con chi. Quando abbiamo suonato all’Eurovision a Torino, lui ci ha scritto per farci i complimenti. Devi sapere che il giro di Torino è molto “orizzontale”, del tipo che se tu vai in giro per la città puoi facilmente beccare Willie Peyote che si sta bevendo un aperitivo, non c’è distanza tra artista affermato e la gente comune. Viaggiando, quindi, su questo canale comunicativo che si era aperto, gli abbiamo mandato l’intero album per avere una sua opinione. Lui ha apprezzato tantissimo e da lì è nata la collaborazione su “ACAB”. Questa collaborazione è stata una lezione di professionalità molto importante per noi oltre al fatto che abbiamo guadagnato un nuovo amico.
Prima accennavamo all’ambiente Queer. Con “Medusa” avete affrontato tematiche molto importanti quali la salute mentale e la Trans Joy. Possiamo spiegare ai nostri lettori cosa si intende per Trans Joy?
La Trans Joy è una narrazione dell’essere trans che controverte la narrazione tipica della persona trans come una persona destinata a soffrire. Spesso, quindi, la narrazione attorno alle persone non-binary è sempre legata ad un fattore di dolore che ovviamente esiste. È vero che le persone trans hanno più probabilità, rispetto ad altre di commettere il suicidio, è una statistica molto reale, ma questo non dipende dal fatto di essere trans, ma da come la società tratta queste persone, ovvero come l’ultima ruota del carro. L’abbiamo visto recentemente con fatti tipo quello relativo al pestaggio della donna trans a Milano. A livello istituzionale mancano una cura, una cultura e un tentativo di protezione verso queste persone che cercano di fare un percorso di affermazione di genere che spesso è davvero difficile anche dal punto di vista psicologico. Trans è un termine ombrello che comprende anche le persone non-binary come me. Conoscere altre persone che sono felici dopo aver fatto la mastectomia, che parlano di microdosing, di Testosterone, mi ha fatto capire che bisogna far emergere che il percorso di autoconsapevolezza e di scoperta, può essere bello e gioioso perché è un momento di riconoscimento e cura verso la persona che sei stata e che non hai mai avuto il coraggio di accettare e di prendere per mano. Questo concetto emerge nella prima canzone dell’album, “Principe Regina”, che condensa i miei momenti di euforia e di gioia per aver compreso e accettato che sono un essere umano in evoluzione e che non ci sono etichette, ma solo un tentativo di vivere felicemente la propria esistenza.
A proposito di istituzioni, voi sapete che da un po’ di tempo è stato approvato il Bonus Psicologo, che è stato un tentativo di venire incontro al tema della salute mentale che però, purtroppo, è un argomento ancora tabù, soprattutto per le generazioni precedenti alla nostra. Pensate che sia abbastanza o credete che ci sia bisogno di qualcosa che riesca a smuovere maggiormente le coscienze per togliere questo tabù che è radicato nelle fondamenta della società?
Sara – Tra i nostri coetanei è un argomento molto comune in effetti, non c’è vergogna nel dire “oggi sono andata dalla terapista”. Tante persone, addirittura, invidiano noi che andiamo dalla terapeuta perché noi non ce lo possiamo permettere. A Torino stiamo costruendo una rete per scambiarci nomi di terapeuti che costano meno, che hanno a cuore questa tematica. Il Bonus non è una soluzione strutturale, perché quello che secondo noi è fondamentale, sarebbe la figura di uno psicologo di base.
Però sappiamo che da un punto di vista di partnership tra attivismo e politica, ci si sta finalmente muovendo verso l’approvazione di una legge che tuteli il diritto nell’avere uno psicologo di base.
Sara – Esattamente. Io mi trovo completamente d’accordo con questa intenzione, perché la non-salute mentale può essere debilitante tanto quanto la salute fisica. C’è necessariamente bisogno che lo Stato dia un supporto concreto affinché le persone siano in salute da ogni punto di vista, senza toccare il capitolo sconcertante relativo al collasso della sanità pubblica. Come si spinge sempre di più verso il privato per la salute fisica, la salute mentale è anch’essa appannaggio delle figure private.
Grazie, perché sentire artisti che trattano queste tematiche attraverso la musica, secondo me è fondamentale per lanciare un messaggio. Tornando quindi al vostro percorso artistico, per concludere, state già lavorando su prossimi progetti?
Lorenzo – Ci sono sempre cose in cantiere si, anche perché quando la notte ci si sveglia, la testa parte. L’altra notte, ad esempio, ho sognato la canzone inedita più bella mai fatta, però me la sono dimenticata. “Yesterday” è stata scritta così a quanto pare! Comunque ci sono progetti nel cassetto, ma non vogliamo metterci pressioni addosso in questo momento, né tantomeno paletti.
Sara – Non vediamo l’ora di fare l’album dal vivo nei club perché è stato pensato anche per questo. L’unica pressione che ci vogliamo mettere addosso è quella che ci mettiamo noi stessi, semplicemente perché amiamo fare le cose per bene, ma per il resto ci stiamo muovendo con molta tranquillità, lasciando che le nostre energie vengano ricompensate dopo aver lavorato tanto anche per queste date, affinché ci sia un equilibrio di salute mentale che, appunto, è molto importante anche per la creatività. Diciamolo, non bisogna soffrire per fare belle canzoni!
Ecco, sfatiamo questo mito del poeta maledetto. Io vi ringrazio di cuore per questa bella chiacchierata insieme.ì e vi auguro il meglio per la vostra carriera e il vostro attivismo.
Grazie a te, in bocca al lupo per tutto.