Intervista ad Emiliano Locatelli per “Il diavolo è Dragan Cygan”
“Il diavolo è Dragan Cygan” è l’opera prima di Emiliano Locatelli, con il quale ho avuto il piacere di fare una bella chiacchierata che è stata una sorta di retrospettiva sul cinema sociale, scoprendo la nostra passione in comune per registi come Elio Petri e Michelangelo Antonioni.
Non farò una premessa scrivendo di cosa parla questo film. “Il diavolo è Dragan Cygan” va visto, godendo dei suoi tempi e della magistrale interpretazione di attori come Sebastiano Somma ed Enzo Salvi. È un opera che cavalca l’onda della ripresa di un cinema di genere, sopito da troppi anni, ma tornato in auge in Italia qualche anno fa grazie a film come “Lo chiamavano Jeeg Robot”. Un’opera che accontenta sia un pubblico più impegnato che un pubblico intento a gustarsi un film “come una fetta di torta”, per citare Hitchcock.
Per ora gustiamoci invece le parole di Emiliano Locatelli che, nell’intervista che segue, ci racconta con estrema passione tipica di chi ha il fuoco dentro per fare questo mestiere, la sua esperienza con “Il diavolo è Dragan Cygan”.
- Ciao Emiliano, grazie innanzitutto per rispondere alle curiosità di MiRo Magazine. Il tuo progetto mi ha colpito molto per diversi motivi, in particolar modo per la tua scelta registica di muoverti su un binario di cinema di genere Thriller ed Action, marchiandolo con il tuo timbro autoriale che si rifà tantissimo ad un cinema sociale come quello di Elio Petri. Questa ibridazione è una scelta dettata dal fatto che di base vuoi rimanere fedele ad un cinema d’essai oppure l’hai fatto per avvicinarti anche ad un pubblico meno impegnato?
Grazie a voi per avermi concesso questa intervista. Nelle mie intenzioni di regia c’era esattamente questo: dirigere un film con tematiche tipiche di un certo cinema d’autore, soprattutto il cinema sociale di Elio Petri e Ken Loach, con inserimenti di elementi di film di genere come il Thriller e l’Action ma anche il fumetto americano. Petri è uno dei miei registi preferiti in assoluto e quindi sono felicissimo che si riescano a cogliere dei rimandi al suo cinema nel mio, per me è un grande onore. Ma sono anche affascinato da alcuni film che tentano, similmente al nostro, di poter utilizzare il genere come un pretesto per parlare d’altro. Mi piace quando il genere ha uno sfondo sociale marcato, quando i personaggi sono realistici nonostante siano di fantasia o addirittura di fantascienza, quando si usa il genere come pretesto per analizzare e criticare la società. Per me il film più bello degli ultimi 25 anni è “The Joker”. Un cinecomic completamente diverso da tutti gli altri, che ha come sfondo la crisi economica che ha investito l’Occidente negli anni ‘70. Joker è in realtà un mostro figlio del neo-liberismo, partorito dai tagli allo stato sociale come si racconta nel film. Neoliberismo che mosse i suoi primi passi proprio in quel periodo, si pensi poi alla Tatcher e a Regan negli anni ‘80. Il personaggio interpretato da Phoenix si trasforma nello spietato villain quando perde il lavoro già precario che possedeva e quando smette di andare dallo psicologo a causa dei tagli alle sovvenzioni statali sulla sanità. Il mio film, con le debite proporzioni ma similmente a “The Joker”, forse lasciando preponderare un po’ più la parte autoriale rispetto a quella spettacolare, su un sostrato di critica sociale tenta di applicare alcuni stilemi delle pellicole di intrattenimento. Dragan può essere definito un revenge movie le cui cause scatenanti vanno attribuite alla piaga delle delocalizzazioni, al processo di de-industrializzazione, alla crisi economica del capitalismo contemporaneo. Dragan è un corto circuito tra realismo e intrattenimento. Ritengo che i film d’essai debbano parlare a un pubblico che sia più vasto possibile. Un tempo era così, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” vinse l’oscar ma fu anche un grandissimo successo di pubblico. Non amo molto i film fatti dagli intellettuali che parlano agli intellettuali. I film devono tornare a parlare del popolo e essere fatti per il popolo.
- Tra gli attori protagonisti hai scelto nomi come Sebastiano Somma ed Enzo Salvi, quest’ultimo, in particolar modo, siamo abituati a vederlo in ruoli comici, invece pare che sia stata la prova che gli attori possono smacchiarsi del personaggio che spesso gli viene attribuito dai primi progetti. Come hai fatto a pensare al personaggio di Dragan sul volto di Enzo Salvi che, tra l’altro, sembra ricoprirlo in maniera impeccabile? Invece con Sebastiano Somma come è nata la collaborazione?
Mi fa molto piacere che venga apprezzato il lavoro che abbiamo fatto assieme a Enzo per quanto riguarda la recitazione. Siamo amici da molti anni e c’è una grande complicità tra di noi ormai, è il mio fratello maggiore, gli voglio un bene dell’anima. Questo film non ci sarebbe senza di lui, io non avrei mai diretto il mio primo lungometraggio, gliene sarò grato per sempre. È successo tutto grazie al cortometraggio “Solamente tu” distribuito su Amazon Prime e WEshort, nato da una sua idea e per il quale abbiamo vinto molti premi e girato il mondo. Enzo aveva un ruolo drammatico e ha ottenuto un riconoscimento importante vincendo il premio come migliore attore al festival Cortinametraggio nel 2021, quindi non è un ruolo inedito per lui, quello drammatico, semplicemente è la prima volta in un lungometraggio. In realtà la sceneggiatura di Dragan esisteva già prima della realizzazione del fortunato cortometraggio ma adattare Enzo al ruolo di Dragan è stato semplice perché Enzo è un attore straordinario. Drammatico o comico che sia credo che Dragan sia un ulteriore occasione per lui di dimostrarlo senza ombra di dubbio.
Con Sebastiano invece è stata una vera e propria folgorazione artistica. Credo che ci sia tanta stima reciproca e ormai anche affetto. Durante la fase della scelta del cast, tramite un’amicizia in comune sono riuscito a ottenere il suo contatto mail per proporgli la parte. Dopo aver letto la sceneggiatura e aver visto il cortometraggio “Solamente tu” mi ha subito chiamato al telefono dicendosi interessato. Ricordo che mi ha tempestato di domande riguardo le tematiche sociali presenti nell’opera. Ero al settimo cielo. Per Dragan abbiamo lavorato moltissimo sul personaggio di Assante, riscrivendo per intero alcune parti della sceneggiatura. Credo che abbiamo fatto un ottimo lavoro insieme, abbiamo una grande intesa, mi piace tantissimo lavorare con lui, spero che accadrà presto di nuovo. Ma lasciatemi nominare anche il resto del cast, tutti straordinari secondo me: Adolfo Margiotta, anche lui in ruolo diverso dal solito, Ivan Boragine e Gennaro Lillio, Giovanni Carta, Filippo Piazzoni, Emy Bergamo, Carlotta Rondana e Lara Balbo. Si sono tutti messi a disposizione dimostrandomi una fiducia totale che non era per nulla scontata. Li ringrazio tutti.
- Quando penso al grigiore della città d’occidente in cui si ambienta il film, immagino paesaggi come quelli di Deserto Rosso di Michelangelo Antonioni. La crisi economica di cui parli che si riflette nell’animo dei personaggi come in un’osmosi tra macrocosmo e microcosmo, l’ambientazione totalmente in linea con l’animo di essi, così come la fotografia di Tomaso Aramini. Tutti gli elementi che compongono il film sembrano sposarsi perfettamente tra di loro, come se ci fosse stato un ottimo spirito di collaborazione sul set tra tutti i reparti.
Il paragone con le ambientazioni emotive di “Deserto Rosso” mi emoziona. Non ci avevo mai pensato ma sono felicissimo che vengano fuori le influenze di Antonioni guardando il film, specialmente per quanto riguarda il racconto della coscienza dei personaggi e il tentativo di addentrarsi nei meandri dell’intimo di cui lui era maestro. Penso a “La notte” o a “L’avventura”, veri e propri viaggi emotivi e intimisti.
il rischio a volte è quello di delineare dei personaggi che possano risultare stereotipati, costretti e incasellati nei loro paradigmi, molto lontani dalla realtà: l’operaio, il poliziotto ecc… nel mio film ho tentato di raccontare la vita di personaggi non stereotipati. C’è la società con la sua divisione in classi alle quali ognuno di loro appartiene, ma esiste anche l’animo umano, che è misterioso, astruso. Se vogliamo, riflettendoci, potrebbe risultare molto più semplice analizzare in maniera scientifica la società umana rispetto all’intimo umano. Sono un materialista dialettico convinto ma anche molto affascinato dai problemi dell’esistenzialismo, la filosofia esistenzialista mi ha sempre appassionato, soprattutto quella
sartriana. I personaggi di “Dragan” hanno diverse sfaccettature che ne ampliano la complessità. Non ho voluto rendere completamente esplicite le reali cause da cui sono mossi, ognuno di loro possiede un lato misterioso che non viene svelato totalmente guardando il film. Lascio volutamente allo spettatore la propria interpretazione a riguardo. Ho tentato di fornirgli solamente alcuni elementi del puzzle. Per quanto mi riguarda tutti i protagonisti di “Dragan” non sono altro che diversi aspetti di un unico grande IO. Tutti uniti formano un unico grande super personaggio perché ognuno di loro possiede a mio avviso un aspetto negativo o positivo nel quale potersi rispecchiare.
Posso dire con assoluta certezza però che non si tratta di un film moralista, è un film neo-neorealista che tenta di analizzare la società e gli individui che la compongono, che vivono nel mondo divisi per classi sociali d’appartenenza in posizione di dominio e subalternità. Sono fermamente e categoricamente contrario però a ogni forma di moralismo sia laico che religioso.
Mi fa estremo piacere anche che si veda lo straordinario lavoro di tutti i reparti. È il film frutto della forza-lavoro di tutti loro messi insieme. Abbiamo lavorato in maniera coordinata perché alla base c’era l’amicizia che ci legava. Tomaso Aramini è un artista fuori dal comune, la fotografia di Dragan parla per lui, ma ci tengo a ringraziare soprattutto il reparto sonoro. La presa diretta di Ivano Zanchi, Mauro di Giorgio e Riccardo Valeriani. Il grande lavoro di Emanuele Braga per le musiche e Danilo Cristofaro per il brano originale, un vero e proprio capolavoro come sentirete. Ringrazio il maestro Stefano Di Fiore, per me è stato un onore poter lavorare assieme a lui per il mix del film. Vorrei citare il mio amico e produttore Marco Fais, senza di lui e la sua Roble Factory Dragan non avrebbe mai visto la luce. Lo ringrazio infinitamente per la fiducia e spero di poterla ripagare presto in termini di riconoscimento del film.