L’Indie Italiano: Dalla Nicchia al Mainstream

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L’evoluzione della musica italiana negli ultimi anni è stata sorprendente, in special modo il lato che si trova, o meglio, si trovava all’ombra del maistream: l’Indie.

Questo cambiamento è ben rappresentato dal concerto di Calcutta al Rock in Roma di qualche giorno fa, un evento che ha attirato una folla immensa e variegata, segno di quanto l’indie sia diventato influente, ma che allo stesso tempo, questo successo abbia portato anche ad una riflessione critica sul suo significato e sulla sua direzione futura.

Negli anni passati, l’indie italiano era relegato ai piccoli club e ai circoli culturali, frequentati da un pubblico ristretto ma appassionato. I testi erano spesso intimi e personali, le sonorità sperimentali, lontane dalle logiche del mercato discografico tradizionale. Era musica per chi cercava qualcosa di diverso, di autentico.

Calcutta, è stato uno degli artisti chiave in questa trasformazione: con il suo album Mainstream del 2015, ha segnato un punto di svolta. Il titolo, ironico e provocatorio, racchiudeva l’intenzione di portare la sua musica a un pubblico più ampio senza perdere l’essenza dell’indie. Brani come Cosa mi manchi a fare e Frosinone hanno catturato l’attenzione di molti, grazie a testi sinceri e melodie coinvolgenti, facendo breccia anche nei cuori di chi solitamente non ascoltava questo genere.

La crescita dell’indie italiano non si deve solo a Calcutta. Artisti come Thegiornalisti, Frah Quintale, Levante, Gazzelle e molti altri, hanno contribuito a rendere il genere sempre più popolare. Senza però dimenticarsi di chi l’indie lo ha fatto nascere: Stato Sociale, I Cani, Officina della Camomilla.

Sono nate nuove etichette discografiche dedicate all’indie italiano, come Garrincha Dischi, Woodworm Records e 42 Records, e sono fioriti numerosi festival e club dedicati alla musica indipendente, come il MI AMI Festival e il Locomotiv Club.

Tuttavia, questo successo ha portato anche a delle critiche. L’indie, nato come espressione di controcultura e indipendenza, sembra stia perdendo la sua anima originaria, avvicinandosi sempre di più alle logiche commerciali che inizialmente contestava. La trasformazione dell’indie italiano in un fenomeno di massa ha sollevato questioni sulla sua autenticità.

Ad esempio, Lo Stato Sociale, noto per il suo approccio irriverente e sperimentale, ha ricevuto critiche per aver partecipato al Festival di Sanremo, un evento tradizionalmente legato al mainstream. La loro canzone “Una vita in vacanza” è stata accusata di essere troppo commerciale, nonostante il tentativo del gruppo di mantenere una certa distanza dalle logiche tradizionali della musica pop. Ma il gioco ne è valso la candela: presentarsi a Sanremo con un brano estremamente pop e prendersi in giro da soli è la più chiara rappresentazione d’intelligenza da parte di chi ancora tiene davvero al concetto di indipendenza.

Quando l’indie si è diffuso in Italia intorno al 2010, avrebbe dovuto rappresentare una sorta di cambiamento del pensiero musicale, lontano dalle imposizioni delle major e dalla mercificazione e spettacolarizzazione della musica. Invece, oggi sembra stia diventando sempre meno “indipendente” e più orientato al mercato.

La consacrazione dell’indie come fenomeno di massa si è vista proprio in eventi come il Rock in Roma, vedere migliaia di persone cantare a squarciagola le canzoni di Calcutta è stato un segno tangibile di quanto questo genere abbia saputo evolversi e conquistare un pubblico sempre più vasto.

Ma l’indie può mantenere la sua identità e la sua indipendenza di fronte al successo mainstream oppure è destinato a diventare sempre più simile alla musica commerciale contro cui si era schierato?

Una domanda alla quale rispondere è molto semplice ma chissà se la nuova musica potrà ancora essere accessibile e popolare senza perdere il proprio valore artistico.

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