Ginevra ne ha fatta di strada e “FEMINA” ne è la prova. 

0
GINEVRA-FEMINA-COVER-1000

“FEMINA” è un album che sa di evoluzione e consapevolezza – non che i lavori precedenti di Ginevra non fossero coraggiosi – tutt’altro. Questa volta, però, la sua volontà di raccontarsi emerge senza compromessi.

“Fino a questo momento forse ho aspettato di essere veramente pronta e di avere 31 anni per raccontare le cose esattamente come le vivo, senza paura del giudizio, senza la paura che non siano funzionali per il mio lavoro. Ho raccontato me stessa e come vivo il mondo senza filtri.”

La prima volta che ho ascoltato Ginevra è stato con l’album “Diamanti”: un salto nel vuoto, in un mondo che rifiutava di essere definito o incasellato, incredibilmente magnetico. Ho provato la stessa sensazione con “FEMINA”; le sonorità possono essersi discostate dalle produzioni precedenti, ma non è mai venuta meno la libertà di sperimentare e di allontanarsi da schemi e regole canoniche.

In tutti gli 8 brani dell’album si avverte la consapevolezza di chi ha dato forma a un progetto nato dall’ascolto profondo di se stessa, lasciando che la musica e le parole avessero tutto il tempo necessario di esprimersi. Ogni brano è lo specchio di una visione chiara: quella di Ginevra, che ha seguito il proprio istinto per dare forma ad un lavoro che è esattamente come lo aveva immaginato. 
Per Ginevra è stata un’esperienza collettiva, soprattutto dal punto di vista femminile”, un progetto curato nei minimi dettagli, reso possibile grazie al supporto e alla perfetta sinergia di un team composto da tante donne. 

FEMINA abbraccia tematiche importanti: il passaggio delicato dei 30 anni, il senso di smarrimento e la riscoperta di sé attraverso le proprie radici. Racconta di femminismo, ma non si ferma lì. Tra memorie familiari, come quelle di nonna e racconti intimi, l’album sente il bisogno di essere ascoltato da chiunque.

Il titolo fa riferimento a quello di un libro, scritto da Janina Ramirez, che racconta la storia di nomi di donne che sono stati cancellati o trascurati dalla storia. L’album si pone come specchio di un presente ancora segnato da una lunga eredità di ingiustizie e silenzi, ma dove, questa volta, le nostre voci possono finalmente essere ascoltate.

Per affrontare tematiche così significative — ci racconta Ginevra — era fondamentale costruire un immaginario visivo altrettanto potente. Per tradurre in immagini il concetto di FEMINA, ha scelto di affidarsi alla sensibilità artistica di Giulia Gatti, fotografa che nei suoi viaggi ha potuto incontrare e fotografare tante donne. In questo caso è riuscita a dare forma visiva al concept dell’album attraverso scatti rigorosamente in bianco e nero, che accompagnano l’intero percorso narrativo dei brani. 

Una cosa che ho apprezzato molto del tuo ultimo lavoro è il forte legame tra i brani e i libri che ti hanno ispirata durante la scrittura dell’album. Penso, ad esempio, al libro di Janina Ramirez. Riflettendo su quanto spesso i contributi delle donne nella storia siano stati cancellati o sminuiti e, considerando che episodi simili accadono ancora oggi, quanto senti la responsabilità di dare voce a storie di donne attraverso la tua musica?

Quando lavoro e quando scrivo quello su cui ragiono sempre è rispettare innanzitutto la mia voce e rispettare la mia identità in quanto donna e in quanto artista. Questa è la prima cosa che mi smuove. La verità è che, se penso a questa cosa in termini molto più ampi, anche a livello temporale, effettivamente mi ritengo privilegiata e fortunata a poter usare la mia voce per raccontare il mio tempo, la mia vita e a pensare che tra qualche anno io possa essere ascoltata, così come io leggo e ascolto delle artiste che amo. 

La verità è che questo è uno spunto interessante per eventuali altri lavori. Sostanzialmente io parto dalla mia esperienza personale e, in questo disco è stato fondamentale approcciarmi alle esperienze e alle vite e il lavoro di altre artiste. Effettivamente il loro lavoro mi ispira e mi condiziona, però non parlo di loro. Questa cosa invece sarebbe interessante, fare uno step ulteriore, non solo essere ispirata, ma raccontarle. Quello che io ho cercato di fare qua era raccontare me, sperando che potesse essere un’esperienza collettiva, soprattutto dal punto di vista femminile, ci ragionerò su, potrebbe essere uno spunto per un altro lavoro!

Guardando alla Ginevra dell’album Diamanti, oltre al distacco dal genere elettronico che ha caratterizzato i tuoi lavori precedenti, cosa senti sia cambiato in te, sia come artista che come persona? 


Ma sicuramente sono cresciuta molto, prima di tutto come persona e quindi poi anche come artista, anche se non mi piace usare questa parola. Diciamo che scrivere questo disco mi ha permesso di ascoltarmi, di raccontarmi e di conoscermi a fondo. Sostanzialmente ascoltandomi, ho ascoltato le mie necessità e le mie volontà in quanto artista, questa è la vera differenza in questo disco. Non che negli altri non mi fossi ascoltata o non mi rappresentassero, però è come se in questo ad un certo punto avessi detto, sai cosa, mi racconto – come ho sempre fatto – ma fino in fondo, sporcandomi le mani in tutto il processo, cioè scrittura produzione, registrazione, ideazione del concept estetico. 

Probabilmente essendo così cresciuta ed essendo passato del tempo, anche attraverso esperienze lavorative personali in questi anni, questa consapevolezza mi ha permesso di fare scelte più personali, più coraggiose. Fino a questo momento forse ho aspettato di essere veramente pronta e di avere 31 anni per raccontare le cose esattamente come le vivo, senza paura del giudizio, senza la paura che non siano funzionali per il mio lavoro. Ho raccontato me stessa e come vivo il mondo senza filtri. 

In questo album ti sei dedicata alla scrittura in solitaria e, attraversando un periodo di sconforto, hai trovato nella possibilità di viaggiare ed esplorare una via di rinascita. Quanto questi momenti di introspezione e di esperienze raccolte durante i tuoi viaggi hanno influenzato le tematiche e le emozioni dell’album? 


I viaggi hanno sempre influenzato la mia scrittura perché il viaggio è una dimensione fisica e spirituale che mi emoziona e mi spinge ad indagare e a fare una ricerca artistica che mi sprona a scrivere determinate cose. In questo disco i momenti in solitaria sono stati importanti per capire cosa volevo dire, come volevo dirlo, soprattutto sui temi delicati che ho affrontato in questo disco, penso ad un brano come “FEMINA” che tratta il tema della violenza di genere.

Quest’estate ho fatto molto importante da sola in Portogallo, il disco lo avevo già finito di scrivere. Quello che ho preso da quell’esperienza probabilmente l’ho messo di più nella consapevolezza delle registrazioni che ho fatto quando sono tornata, appena potevo riutilizzare la voce come prima, perché prima della partenza avevo avuto dei piccoli problemi alle corde. Quindi questi viaggi, queste esperienze che ho fatto anche dopo la scrittura del disco, torneranno e le racconterò prossimamente. 

Una cosa che mi è piaciuta molto di questo album è sicuramente la cura del progetto visivo e fotografico. Hai scelto di collaborare con Giulia Gatti, fotografa che solitamente si dedica a temi lontani dal mondo musicale, ma che sembra incarnare perfettamente lo spirito del tuo ultimo lavoro. Quanto è stato importante affiancarla al tuo progetto?


È stato molto importante. Ringrazio l’intuito per aver compreso che aveva l’energia e le affinità giuste per me e per la mia persona nel mio percorso. Vedendo i suoi lavori nei mesi precedenti, che sono lavori che si focalizzano sul racconto della donna e delle donne che incontra nei suoi viaggi, anche in contesti sociali completamente diversi dai nostri, più disagiati e fragili, ho avuto l’intuizione che potesse avere la sensibilità femminile per raccontare il mio mondo in questo disco. Le foto, che sono poi uscite dal nostro progetto insieme, mi confermano questa cosa, oltre al fatto che siamo amiche e c’è un legame personale che è importante per tradurre il lavoro in immagine. 

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata e un lungo incontro prima di decidere di lavorare insieme. Le avevo raccontato il disco, la mia necessità di raccontarmi senza seguire schemi e regole canoniche delle dinamiche discografiche o del mio percorso in quel momento, quello che ci si aspettava da me, quindi è stata perfetta. Sono contenta di averla invocata!

Cosa significa per te tornare a suonare dal vivo dopo un periodo forzato di pausa? Come vivi oggi l’attesa di portare finalmente sul palco i nuovi brani davanti ad un pubblico?


Grande entusiasmo, attesa ed ansia. Sono ferma da un po’ di tempo, un po’ per il problema alle corde, ma anche per la lavorazione del disco che aveva messo in standby i live e quindi non vedo veramente l’ora di portare un disco così organico e suonato sul palco. Ci stiamo già lavorando!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *