“Parthenos”: il moderno racconto mitologico di Amnesia

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Amnesia Parhenos

Classe 1999, Amnesia, all’anagrafe Federica Ugo, ha pubblicato a novembre 2024 il suo album di debutto, Parthenos. Il progetto è stato supportato dal bando “Per Chi Crea” promosso dal Ministero della Cultura e da SIAE, con l’obiettivo di supportare la creatività e la promozione culturale nazionale ed internazionale dei giovani.

Parthenos è un viaggio mitologico, dove ogni storia viene raccontata tramite una dea proveniente dall’antica Grecia. In questa narrazione, le dee diventano protagoniste di dolori, di riflessioni, di complessità della vita contemporanea, seguendo un filo conduttore che le porta fino al nostro tempo.

Ecco cosa ci ha raccontato Amnesia di questo disco.

“Parthenos” è il tuo primo album. Dicci com’è nato e da dove nasce la decisione di raccontare la tua vita e i tuoi pensieri attraverso la mitologia greca.

Dopo la mia ultima relazione con una persona che soffriva di narcisismo ho iniziato a studiarne le origini per capirne di più. Cercando, mi sono imbattuta nel mito di Narciso, che però raccontava anche la storia di Eco che combaciava perfettamente con la mia. Mi sembrava incredibile come una storia antichissima come quella di un mito potesse raccontare così bene una relazione dei giorni nostri
Da lì è iniziata la ricerca di altre storie che potessero parlare di me in un momento in cui neanche io riuscivo a capire chi ero davvero. È stato infatti molto pesante per me scriverlo, ma mi ha aiutato davvero.

La mitologia greca è principalmente focalizzata su Zeus e gli dei maschili. Come mai la scelta di dedicare i tuoi brani solo a dee femminili?

La scelta è stata molto personale.
Volendo raccontare di me attraverso i miti, ho scelto le storie che mi rappresentavano di più: per questo mi sono sentita connessa maggiormente con le donne descritte, mi sono sentita in grado di capirle e in qualche modo di essere capita a mia volta.

Ogni dea è protagonista di un mito. A quale divinità che nomini nelle tue canzoni ti senti più vicina?

Sicuramente Aracne è il mito che parla più di me.
Rispecchia totalmente il mio dualismo interiore: il mio essere a volte così indecisa ed altre così decisa, a volte sicura di me stessa ed altre no, coraggiosa e codarda, brava ed incapace…

Qual è stato il brano più difficile da scrivere, sia dal punto di vista tecnico che emotivo e psicologico?

Purtroppo, tutte le canzoni sono state molto difficili per me, ritornando alla risposta di prima, l’Aracne che è in me ha reso tutto più complicato rinchiudendomi nelle mie paranoie.
Questo progetto doveva parlare di me e scriverlo senza conoscersi così a fondo è stato complicato; considerando poi che mi affiancavo ad un tema così importante come la mitologia, questo ha fatto che sì che la mia ossessione con la perfezione impazzisse, non potevo sbagliare.

Tra i featuring del disco spicca il nome di Francesco De Gregori. Com’è nata questa collaborazione e com’è stato lavorare insieme a lui?

La collaborazione con Francesco De Gregori me la porterò dentro per tutta la vita. È stato un incontro casuale il nostro, quasi magico.
Avevo appena finito la produzione di Medusa quando, non avendo ancora scritto il testo, il mio produttore inizia a canticchiare Lettera Da Un Cosmodromo Messicano di Francesco De Gregori. Abbozziamo quest’idea registrandola al volo e, dopo qualche giorno, il capo (come preferisce farsi chiamare lui) prenota qualche ora nello studio di registrazione dove lavoro per poter incidere un pezzo.
Dopo aver preso un po’ di confidenza ci facciamo coraggio e gli confessiamo la nostra idea. Facciamo il mix del pezzo in 30 minuti, glielo mandiamo, lo sente e decide di collaborare con noi alla sua realizzazione.
Per me è stato un onore incredibile pensare che Francesco De Gregori abbia non solo sentito un mio pezzo, ma che gli sia anche piaciuto e che abbia deciso di collaborare con noi è una cosa che davvero non ha prezzo, indescrivibile a parole.

In un disco dedicato alle dee greche c’è anche un brano in latino, “Metamorfosi”, in cui canti il proemio delle Metamorfosi di Ovidio. Che scopo ha questo interludio che divide il disco in due? Cosa cambia da una metà all’altra di “Parthenos”?

Ho deciso di metterlo al centro perché nella prima parte si parla delle mie origini, di quella che ero prima di fare l’album. C’è la mia terra in Partenope, mia madre in Gea, me stessa in Aracne e la fine di quella che ero prima in Medusa.
Dopo l’interlude prendo coscienza di me stessa, di quello che ho attorno e faccio una vera e propria “metamorfosi”.
Nella seconda parte inizio a dire finalmente “no” (Eco), capisco che quando una relazione finisce è importante pensare a quello che c’è stato e che la stessa cosa non potrà mai tornare indietro (Euridice), che nessuno vuole affrontare il proprio destino anche se nel bene o nel male non ci si può sfuggire (Cassandra) ed infine c’è un augurio per la me del futuro: di essere curiosa e di aprire tutte le “sporte” che mi ritroverò davanti (Pandora).

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