Tutti i piani di Folcast – Live @ Largo Venue

0
IMG_3425

Tutti i miei piani Tour, live a Largo Venue (Roma): un’esplosione spontanea.

Il clima natalizio porta la gente a uscire, ma la chiara sensazione è che chi popola Largo
Venue
in quel sabato 21 dicembre sarebbe uscito convintamente in ogni caso: c’è Daniele
Folcarelli in arte Folcast, che dopo due bellissime aperture presenta a Largo Venue il suo
nuovo EP Tutti i miei piani. L’EP, prodotto da Tommaso Colliva, è stato anticipato a giugno
scorso da 1+1 e lo scorso 26 luglio dal secondo singolo Manifesto egoista feat. Carlo
Amleto
. Lui, Daniele, chi conosce sa, proprio egoista non è.

Generoso lui, generoso lo spettacolo: concerto della lunghezza giusta, ma soprattutto dall’energia soul
incommensurabile. Una bomba, che viene presentata sul palco con una genuina spontaneità, senza grossi proclami o discorsi, lasciando davvero parlare la musica. Si parte con tre bombe superfunk, e poi lo spettacolo evolve ripercorrendo gli ormai oltre dieci anni di carriera del giovane artista: si spazia dal rap al pop, dal soul all’hip-hop, come giusto per chi, nato in Italia con la chitarra in mano, è cresciuto imbevuto di influenze afroamericane e groove d’oltreoceano. E proprio il groove è l’elemento più caratterizzante, l’elemento più clamoroso dello show: tutti incollatissimi, compresi gli spettatori che non possono non muovere il bacino, oltre a strillare qua e là i brani più noti. Tra tutti sicuramente Scopriti, singolo portato a Sanremo nel 2021 – che rimarrà nella storia come l’unico anno senza pubblico all’Ariston- ed eseguito insieme ad Ainè, guest sul palco per un paio di brani, a capeggiare una delegazioni di grandi ospiti. Tutto condotto non solo da Folcast voce e chitarra (e che chitarra, verrebbe da dire) ma da un quartetto abbastanza classico, con basso e batteria sugli scudi ma soprattutto dal grande Andrea Fusacchia, longevo amico e grande musicista affratellato a Folcast sin dal primissimo EP. Oltre al sax, suona la tastiera, fornendo al concerto una gamma di sonorità variegata e avvolgente.


Nel delirio generale, a tratti Largo Venue diventa un vero dancefloor, in cui è il beat della band a funzionare meglio di qualsiasi campionatore o dj-set per fare sudare la folla. La performance è travolgente, alternando momenti più intimisti e genuinamente cantautorali a disco-funk elettrizzante che ci catapulta alla fine dei ‘70. La voce, sempre stata tecnica e brillante, è diventata semplicemente strepitosa, non disdegnando momenti rap in cui denota anche capacità polmonari degne di un apneista. Pochissime persone in Italia possono vantare una capacità vocale simile: senza nulla togliere alla peculiarità del timbro, se dovessimo descriverlo a chi non lo conosce, lo collocheremmo a metà tra Marco Mengoni e Alex Britti, ma più nero. Insomma, come sedersi meglio a tavola in queste feste, se non dopo una scarica di adrenalina simile: viva il Soul, viva il Funk, viva Folcast. E lunga vita agli artisti così, genuini e puri anche nel pop, in un mondo di plastica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *